Inizia con il Dr. Pucino, Specialista ambulatoriale e chirurgo presso l’ospedale Lotti di Pontedera la nostra rubrica Oculisti che Missione!
Com'è nata questa passione per le missioni?
Molti giovani medici vogliono fare i missionari, era una scelta ambita. All'epoca, nell’89 ero appena specializzando ed ero affascinato dall'Africa e volevo iniziare a frequentarla. Questa passione è continuata e continua tuttora. Sono andato in missione in Africa 16 volte, sono stato in diversi paesi africani, in Ruanda, Huganda, Mali, Tanzania, Gana, Madagascar e l’ultima esperienza nel Benin nel 2018.
La mia avventura è cominciata appunto nell’89 in Ruanda con un’associazione di Bergamo che cercava giovani oculisti per andare in Africa. Poi ho continuato seguendo altre associazioni; con le missioni “Ridare la luce” del Fatebenefratelli sono stato nel Mali 3 volte e insieme all'associazione “Preziosissimo sangue di Gesù” in Tanzania per 3 volte.
Da qualche anno ho creato un’associazione che si chiama Eye for Life.
Mi parli di questa associazione, perché ha deciso di crearne una sua?
Non era facile aggregarsi ad altri, ma era importante e necessario avere un’associazione anche per poter chiedere supporto alle aziende perché le queste ultime possono dare aiuti alle missioni umanitarie solo se c’è un’associazione di riferimento con un progetto effettivo: date precise di partenza, obiettivo della missione, numero di interventi etc…
È stato quindi più semplice creare una mia associazione per poter scegliere in autonomia le date, i posti e il programma.
Quali sono le principali problematiche che ha riscontrato durante le missioni?
Le problematiche dell’Africa si riassumono in poche parole: è un continente enorme dove le persone non hanno assistenza medica e la poca che c’è non è di tipo specialistico. Gli specialisti sono mosche bianche. Pensi ad esempio nel Benin su una popolazione grande come quella dell’Italia ci saranno una ventina di oculisti sparsi sul territorio, quindi le operazioni chirurgiche sono riservate ad una piccola élite che può pagare l’intervento e per tutto il resto del paese la situazione è disastrosa. Io e i miei colleghi ci appoggiamo alle loro strutture ospedaliere dove c’è un minimo di attrezzatura di base ma dobbiamo portare tutto il materiale necessario per il numero di interventi che ci programmiamo.
In media quanti interventi fate?
Noi partiamo dall'Italia con un programma ben preciso, in base al numero di giorni che possiamo rimanere e a quanti siamo; per esempio nell'ultima missione nel Benin abbiamo fatto 55 interventi chirurgici. Eravamo in 2 oculisti, io e il mio collega Ezio Leucci di Lecce e 2 persone di supporto. Abbiamo fatto interventi di cataratta, interventi di glaucoma, interventi di piccola chirurgia palpebrale, ma anche interventi di enucleazione. Abbiamo trovato collaborazione nei medici generalisti e chirurghi di supporto locali, non c’erano però oculisti ma solo una specializzanda che faceva una sostituzione e faceva l’oculista ambulatoriale non chirurgica.
Di solito quanto rimanete in missione?
Stiamo circa 2 settimane, con 10 giorni di lavoro effettivo. Un paio di giorni ci servono per gli spostamenti, nei festivi non si può lavorare.
Ha un aneddoto da raccontarmi che le è rimasto particolarmente impresso?
Nell'ultima missione abbiamo operato una suora, una madre superiore di 91 anni che era cieca per una cataratta bilaterale, e due giorni dopo vedeva leggeva ed era felicissima. Dall'altra parte abbiamo operato un bambino che aveva avuto una cataratta traumatica alcuni giorni prima del nostro arrivo. Quindi abbiamo effettuato una cataratta non pediatrica su un bambino di 5-6 anni, sostituendo il cristallino e inserendo quello artificiale. Si passa dai bambini agli anziani, con l’intermezzo della chirurgia sugli adulti.
Quando torna in Italia cosa si porta dietro?
Quando siamo lì è un’emozione fortissima, io mi considero ormai un veterano. Ogni volta è un’esperienza diversa, fatti diversi e ormai per me è diventato uno scopo, se non potessi più andare sarebbe veramente un problema.
Quando pensa di fare la prossima missione?
In realtà la stiamo già organizzando. Partiremo il 22/04 per l’Eritrea e abbiamo già messo in moto la macchina organizzativa. Ci sono case farmaceutiche che ci sono sempre venute incontro con la fornitura di materiale
Ma l’impegno per voi è anche economico?
L’impegno è costoso. Fino a pochi anni fa riuscivamo ad avere dei finanziamenti per queste missioni, adesso risulta tutto più difficile e ci dobbiamo autofinanziare. Nel mio ambulatorio facciamo vendite di beneficenza o lotterie ( una delle più amate dai miei pazienti è il maxi-uovo di Pasqua), facciamo delle sottoscrizioni. Programmando la missione dobbiamo tenere conto che, su una base di 50 interventi, ognuno di essi ci viene a costare più o meno 250 euro. Quindi valutiamo bene ogni singola spesa per rientrare nei costi che, per ogni missione, sono diverse migliaia di euro.
Per concludere se dovesse fare un bilancio di questi anni?
Il bilancio è più che positivo, ci auguriamo di avere sempre l’energia per farlo. Io ho cominciato 30 anni fa, quindi ci vorrebbe qualcuno che sia più giovane e con voglia di fare. Non è facilissimo trovarlo anche se quest’anno con me viene il Dott. Americo Meale , un’ortottista che lavora anche nel mio ambulatorio . Finché avremo lo spirito e la voglia di farlo lo faremo.
Non è un a vacanza è un disagio enorme quando siamo laggiù, si hanno problemi con il cibo e con l’acqua. L’accoglienza è sempre buona, dormiamo nell'ospedale, nelle case che ci affittano o dalle suore e devo dire che in questi anni solo una volta in Mali ci siamo trovati in pieno deserto, in un posto che non si trova neanche su Google Maps. Occorre avere un grosso spirito d’adattamento, non pensare alle zanzare, agli animali che ti circondano e stare tranquilli. Abbiamo avuto incontri ravvicinati con serpenti non pacifici. Una volta uscendo dalla sala operatoria un infermiere sentì qualcosa di moscio sotto il piede e per fortuna lo schiacciò e non successe nulla. Una volta ucciso, lo abbiamo fatto vedere ai locali che ci hanno detto che era un serpente velenoso. Qualche incidente di percorso ci è capitato. Basta essere veloci! Finché si racconta è andata!