Il Dr. F. Ferrara, medico oculista a Firenze ci racconta la sua esperienza in Africa per la nostra rubrica Oculisti che Missione!
Com’è nata questa passione per le missioni?
L'ho sempre avuta e quando i figli sono cresciuti e ho avuto più spazio per muovermi, mi sono iscritto ad AMOA, Associazione Medici Oculisti per l’Africa con sede a Bologna, fondata da Gian Luca Laffi, che da più di 20 anni è impegnata in Africa dove attualmente sono in corso 17 progetti in 9 paesi. Fanno parte di questa associazione medici oculisti, professionisti sanitari e volontari che dedicano gratuitamente parte del loro tempo alla cura e alle prevenzioni delle malattie oculari in Africa. Io ho partecipato a tre missioni in Togo, una nella Casamance (Senegal) e l’ultima lo scorso marzo in Tanzania.
“pazienti in attesa a Togoville”
Di solito quanto rimanete in missione?
Le singole missioni durano più o meno una quindicina di giorni ma, per ogni progetto, nel corso di un anno ne vengono effettuate diverse per dare la continuità necessaria alla cooperazione.
Qual è l’impatto emotivo nel visitare questi paesi?
L'impatto è molto coinvolgente, a causa dell'insufficiente numero di oculisti africani (in media 1 per 1.000.000 di persone) si riscontrano patologie molte avanzate come cataratte ipermature e glaucomi terminali, ma colpisce sempre la dignità con cui vengono accettate anche le diagnosi più gravi. Un altro problema sono i pazienti con semplici difetti di vista che però non hanno la possibilità di avere gli occhiali. In Africa l’80% dei casi di ipovisione e di cecità sono evitabili tramite intervento chirurgico o con terapie o prescrizione di occhiali ma è necessario un numero molto maggiore di strutture e personale sanitario preparato.
Vi appoggiate a strutture presenti in loco o le create voi?
Oltre ad avere propri centri AMOA collabora anche con associazioni già presenti sul territorio mettendo a disposizione l'esperienza maturata in Africa in campo oftalmologico, allestendo ambulatori, laboratori di ottica e sale operatorie e soprattutto formando il personale locale in modo che in tempo breve tutte queste strutture diventino autonome.
Ha mai avuto modo di formare dei medici locali?
In Africa, per sopperire alla carenza di oculisti ci sono infermieri specializzati che sono autorizzati a effettuare esami refrattivi, prescrivere terapie e in alcuni casi effettuare anche interventi chirurgici. È molto importante formarli e aggiornarli per aver un buon livello di preparazione sia medica che chirurgica. È un impegno che dà grande soddisfazione perché il personale locale è sempre molto disponibile e ha e molta voglia di fare e imparare.
Quali sono le principali problematiche che ha riscontrato durante le missioni?
Uno dei problemi più importanti è che la maggior parte dei medici e delle strutture sanitarie si trovano solo nelle grandi città mentre le aree periferiche ne sono spesso completamente prive e i pazienti devono percorrere lunghe distanze per farsi visitare, questo diventa un impedimento per il costo da affrontare, inoltre quasi sempre visite e farmaci sono a carico dei pazienti.
Altre difficoltà sono rappresentate dalla manutenzione della strumentazione, che non deve essere troppo sofisticata e con ricambi disponibili, o dalle improvvise interruzione di energia elettrica.
L’associazione AMOA richiede raccolta di farmaci?
Molti farmaci non sono facilmente reperibili in Africa, specialmente nelle zone rurali, perciò quando è possibile li portiamo con noi dall’Italia, quindi donazioni di farmaci e quant'altro sono sempre molto utili.
Ha dei colleghi Italiani con cui collabora per queste missioni?
Si, in Senegal ero insieme a tre ottici che hanno installato un laboratorio di ottica, portato lenti e occhiali, formato ed aggiornato il personale locale. In altre missioni ero con medici di altre specialità di associazioni partner per cui si crea sempre una sinergia a favore dei pazienti.
Ha un aneddoto da raccontarmi che le è rimasto particolarmente impresso?
Di episodi ce ne sono tanti, in particolare mi ricordo una bambina visitata nella Casamance che era stata operata per cataratta congenita bilaterale ma senza impianto di lenti intraoculari e quindi con un grave deficit visivo, grazie ai nostri ottici abbiamo trovato delle lenti di potere abbastanza elevato adatte a lei e sono bastati un paio di occhiali per farla rivedere e permetterle di studiare, giocare senza essere discriminata. Un episodio semplice ma significativo che fa capire quali siano le necessità.
Quante persone visita in una giornata?
In una giornata si visitano anche 60-70 pazienti.
Quali sono i rapporti con i pazienti e come percepiscono il medico straniero rispetto a quello locale?
I rapporti con i pazienti sono sereni e basati sul reciproco rispetto, quando si è con un medico locale bisogna instaurare un rapporto di collaborazione ed evitare che i pazienti abbiano la falsa impressione che medico europeo sia più preparato di quello africano.
“screening tracoma”
“visita a Lomè (Togo)"
Come fate per la lingua? Come comunicate?
Il personale locale è una risorsa indispensabile per tradurre e per risolvere tutti i problemi di comunicazione, specialmente per quei pazienti che non parlano inglese o francese, comunque è sempre consigliabile conoscere qualche espressione locale elementare per instaurare subito un rapporto di fiducia.
Dove alloggiate?
Di solito in alloggi predisposti per personale volontario dove è anche possibile preparare i pasti.
Quando pensa di fare la prossima missione?
Sono tornato da poche settimane dalla Tanzania dove con le apparecchiature inviate da AMOA ho installato un ambulatorio oculistico ed effettuato le prime visite nell' ospedale Matumaini, nel villaggio di Bukondamoyo nel centro nord del paese, sostenuto dall' Associazione Amici di Beatrice, quindi ancora non so quando riuscirò a ripartire.
Quando torna in Italia cosa si porta dietro?
Si torna con la soddisfazione e la serenità di aver fatto qualcosa di utile e con la gratitudine dei pazienti.
Consiglia questa esperienza?
Sono esperienze che consiglio, ma che bisogna affrontare essendo molto motivati. Si va in strutture che hanno standard diversi rispetto a quelli a cui siamo abituati in Italia ed è necessaria una buona dose di flessibilità, le comuni patologie a cui siamo abituati si possono presentare in maniera diversa (cataratta, glaucoma, malattie pediatriche) mentre altre patologie “tropicali” (tracoma, deficit di vit.A) possono trarre in inganno, se si va in missioni chirurgiche bisogna avere una solida esperienza alle spalle.
Per chi fosse interessato segnalo il sito di AMOA WWW.AMOAONLUS.ORG dove sono illustrati i nostri progetti ed iniziative in Africa ed in Italia.